L'ISPIRAZIONE, LA POESIA, IL POETA

Tema proposto da Antonio Fiorito

La poesia di Rabindranath Tagore

La lirica è pensata come un dialogo del poeta col suo immaginato futuro lettore: vorrebbe poterlo conoscere ma, come è ovvio, sa che tra cent'anni non potrà farlo né essere lì con lui.

Allora decide di dedicargli un pensiero: se, certo, il lettore non potrà vedere ciò che il poeta ha attorno a lui nel momento in cui scrive e lo ispira a comporre, potrà però, aperte le porte del suo cuore e della sua anima, paragonati a un giardino fiorito, apprezzare il ricordo che il poeta ha lasciato scritto sulla bellezza della natura a lui circostante.

E soprattutto percepire attraverso la carta almeno una scintilla dell'emozione e della gioia che Tagore provò nel contemplare la primavera al centro della sua lirica.

Chi sei tu, lettore?

Chi sei tu, lettore che leggi
le mie parole tra un centinaio d'anni?
Non posso inviarti un solo fiore
della ricchezza di questa primavera,
una sola striatura d'oro
delle nubi lontane.
Apri le porte e guardati intorno.
Dal tuo giardino in fiore cogli
i ricordi fragranti dei fiori svaniti
un centinaio d'anno fa.
Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
la gioia vivente che cantò
in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta
attraverso un centinaio d'anni.

La poesia di Umberto Saba

Non a caso il poeta intitola il suo testo Amai e pone tale verbo all'inizio di tutte e tre le strofe. La lirica, infatti, è il canto di un vero innamorato delle parole, delle rime, delle possibilità espressive racchiuse in esse, della loro capacità di portare alla scoperta e comunicare la verità che abita nell'interiorità del suo animo e che solo il cuore può recepire.

Nell'ultima strofa Saba si rivolge direttamente al lettore, per manifestargli tutto il suo caloroso affetto e la sua gratitudine e lo fa in maniera straordinaria, dichiarando di amare nella stessa misura il suo lettore, destinatario dei suoi canti, e la sua poesia, diventata, nel finire della sua esistenza, la carta che gli permette di vincere il gioco della vita.

Ovvero di disporre di una fonte di consolazione per sé e per i suoi ascoltatori, nel presente e per il futuro.

Amai

Amai trite parole che non uno
osava. M'incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.

Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l'abbandona.

Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.

La poesia di Alda Merini

Qual era la scintilla che faceva scaturire dalla penna di Alda Merini le sue poesie? L'amore felice e appassionato per la forza della poesia stessa, ovvero per la capacità della parola di muovere in profondità chi la legge e ascolta, tanto che il suo desiderio ardente era di vedere inondata l'intera terra dai suoi componimenti.

Consapevole, da un lato, che la sua poesia non venisse facilmente accolta, era, tuttavia, anche conscia che alcuni l'avrebbero ascoltata sinceramente e avrebbero rinvenuto, a loro volta, con gioia e con l'aiuto della loro fantasia, canti nei loro cuori. E per tale ragione e certezza, la Merini continuò per tutta la vita a seminare parole.

Il volume del canto

Il volume del canto mi innamora:
come vorrei io invadere la terra
con i miei carmi e che tremasse tutta
sotto la poesia della canzone.
Io semino parole, sono accorta
seminatrice delle magre zolle
e pur qualcuno si alza ad ascoltarmi,
uno che il canto l'ha nel cuore chiuso
e che per tratti a me svolge la spola
della sua gaudente fantasia.

I poeti

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.


Elaborati sul tema: "L'Ispirazione", "La Poesia", "Il Poeta"


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