Questo è il
tema che propongo, attuale e spero originale.
Vari poeti
hanno scritto poesie sulla "protagonista" umile SEDIA tra cui Nazim Hikmet.
Ho scelto
Patrizia Cavalli: "AH SMETTI SEDIA DI ESSER COSI' SEDIA"
E Palumbo
Guseppe: "LA SEDIA VUOTA"
(un poeta come
noi) ce ne sono altri, a voi scoprirlo
A TUTTI BUON LAVORO. Maria Lucia
Faedo
Cavalli Patrizia. -
Poetessa italiana (n. Todi, Perugia, 1947). La sua lirica,
limpida e diretta, rivela spesso intensa drammaticità. Ha scritto: Le mie
poesie non cambieranno il mondo (1974); Il cielo (1981); Poesie 1974-1992
(1992); Sempre aperto teatro (1999), con il quale ha vinto il premio
Viareggio-Repaci; La Guardiana (2005); Pigre divinità e pigra
sorte (2006); Flighty matters (2012); Datura (2013).
C. si è dedicata anche a traduzioni per il teatro, e nel 2012 ha pubblicato, con la
musicista D. Tejera, Al cuore fa bene far le scale, CD e libro con poesie
e musiche originali nate dalla collaborazione tra le due artiste. Nel 2019 C. ha pubblicato la
raccolta di prose Con passi giapponesi, finalista al Premio Campiello
2020; è dello stesso anno la raccolta di versi Vita meravigliosa.
Ah smetti sedia di esser così sedia!
Ah smetti sedia di esser così sedia!
E voi, libri, non siate così libri!
Come le metti stanno, le giacche abbandonate.
Troppa materia, troppa identità.
Tutti padroni della propria forma.
Sono. Sono quel che sono. Solitari.
E io li vedo a uno a uno separati
e ferma anch'io faccio da piazzetta
a questi oggetti fermi, soli, raggelati.
Ci vuole molta ariosa tenerezza,
una fretta pietosa che muova e che confonda
queste forme padrone sempre uguali, perché
non è vero che si torna, non si ritorna,
al ventre, si parte solamente,
si diventa singolari.
Non può non provocarci questa
poesia di Patrizia Cavalli, sempre incisiva e originale. Le cose che sono troppo
se stesse rischiano di isolarsi e ignorare che la vita è relazione."Troppa
materia, troppa identità. / Tutti padroni della propria forma": come non
leggere, tra le righe, la denuncia del falso sé, sempre in agguato? È più
facile decidere una volta per tutte chi si vuole essere, piuttosto che
lasciarsi visitare dalla vita, sempre imprevedibile."Sono. Sono quel che sono.
Solitari": è qui il centro del messaggio. Non basta essere, bisogna
inter-essere, condividere, partecipare. L'Essere in sé è solo Dio."Ci vuole
molta ariosa tenerezza, una fretta pietosa che muova e che confonda": la vita
vera sconvolge sempre i programmi confezionati a tavolino; la sfumatura
decisiva sta in quella "tenerezza" che ricorda come solo l'amore ha il potere
di cambiare la realtà. E l'amore manda all'aria, confonde, per ricostruire in
un'altra prospettiva. Il finale conferma che vivere non è ripiegarsi su di
sé, tornare al ventre materno, ma è partire, riconoscere la necessità di un
esodo che, se scelto liberamente, ci rende "singolari", unici.