Patrizia Invernizzi Di Giorgio: La tempesta

11.01.2022
JEAN LOUIS THÉODORE GÉRICAULT - La Balsa de la Medusa (Museo del Louvre, 1818-19)
JEAN LOUIS THÉODORE GÉRICAULT - La Balsa de la Medusa (Museo del Louvre, 1818-19)

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La tempesta

Ogni giorno il barcone
si allontana, la riva
il villaggio la città
sono ricordi sfuocati,
dietro le spalle gli spettri
della sete, della povertà,
della fame.
Lo sguardo dei migranti
ondeggia tra speranza e dolore.
Il continente è invisibile,
rassicurante compare l'orizzonte
e la sua chiara linea
fra la terra e il cielo.
Le acque increspate
luccicano, all'improvviso
si alza un vento di tempesta,
che strappa l'ultima sabbia dai vestiti.
Le onde impazzite
frustano come verghe i corpi,
nella morsa del freddo
tutti gemono, urlano disperati,
hanno volti lividi di paura,
ognuno invoca il suo dio.
La barca cavalca flutti ruggenti,
lotta senza sosta.
Si stringono i migranti,
le madri nascondono nel seno
i bambini
il loro è un sovrumano
muro di carne.
Il carico è pesante,
troppo leggero quel legno,
travolto da una cascata di schiuma
è solo un guscio vuoto.
Come un'avida bocca
il mare buio inghiotte i passeggeri,
verso l'abisso
le braccia aperte sono
ali di uccelli.
Il Mare Nostrum
custodisce sul fondo
un cimitero senza tombe
né fiori, nemmeno
pianti di donne.
Là sepolta giacerà per sempre
l'umana speranza
di una vita migliore.