Maria Lucia Faedo: Il bambino con la cartella

31.10.2021

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Il bambino con la cartella

Nulla avviene per caso, credo...

Ero uscito da casa per una passeggiata quando un improvviso acquazzone mi ha sorpreso senza ombrello, sembrava dovesse arrivare la fine del mondo e così mi sono riparato nell'androne di un palazzo; quando sono entrato ho notato un manifesto in bianco e nero "Mostra di DOISENAU Bambini" era scritto ed una freccia indicava una porta

"Mentre aspetto che passi il temporale mi guardo la mostra" ho pensato.

La sala era grande e ben illuminata ed alle pareti c'erano grandi foto in bianco e nero e... bambini, tanti bambini.

Bambini che ricordavano la mia infanzia, bambini che: Giocavano, portavano la baguette sotto al braccio, facevano innocentemente la pipì mostrando il pisellino, bambini ed ancora bambini sia nella prima, seconda e terza sala.

Ed è stato nell'ultima sala che ho provato un grande turbamento osservando quella foto in bianco e nero del bambino con la cartella perché ero io, proprio io Marcel Moreau

Ricordi, odori, voci, colori, felicità e dolori come li sentono e vivono i bambini mi hanno aggredito il salto nel tempo mi ha disorientato, il cuore ha accelerato i battiti, la vista offuscata e le mani tremanti, ho respirato a fondo cercando di rimanere ben saldo sulle vecchie gambe.

Avevo dimenticato, cancellato quel periodo, quella scuola, quel giorno.

A quell'età ero un bambino timido ed anche per questo ero un facile bersaglio per scherzi di "cattivo gusto" da parte di alcuni compagni, ogni occasione era buona per prendermi in giro, anche per gli occhiali che portavo, infatti mi chiamavano Quattrocchi. "Quattrocchi vieni qui, Quattrocchi che grembiule hai? Quattrocchi"

In "quell'attimo rubato" cercavo di essere invisibile e tenevo stretta la cartella nel timore che me la prendessero e cominciassero a buttarla dall'uno all'altro per gioco urlando: "prendila Quattrocchi"

(come avrei potuto giustificare la cartella rovinata?)

" Com'è andata oggi? chiedeva mamma" quando rientravo " Bene bene" rispondevo invariabilmente tenendo per me il doloroso segreto, mamma aveva altri problemi e poi cosa avrebbe potuto fare?

Mentre guardavo la foto ricordavo nome cognome e soprannome dei bambini sullo sfondo e sentivo il suono gagliardo della loro risata.

Ora gli scherzi di "cattivo gusto" li chiamano Bullismo sembra che questo fenomeno sia difficile da estirpare ed i bulli come le vittime ci sono sempre.

Sono diventato forte senza fare a pugni e la mia esperienza infantile mi ha fatto capire l'importanza del rispetto verso il prossimo ed a maggior ragione per il debole.

Nella mia vita ho fatto l'avvocato dei più bisognosi e destino ha voluto che portassi sempre con me una cartella.