Carla Vettor: Mistero: Il trasfiguratore del tempo

18.02.2021
Carla Vettor, Mistero
Carla Vettor, Mistero

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Mistero: il trasfiguratore del tempo

Osservo l'immagine del quadro "riproduzione vietata" (1937) di Renè Magritte; pittore operativo, per la prima volta a Parigi, presso una mostra surrealista organizzata nel 1928 dallo scrittore Camille Goemans.

Mi chiedo quanto sia significativo, per me, entrare in una stanza ben tappezzata da carta da parati, magari a fiori, che ricorda lo stile francese. E' bello ammirare l'interno con la carta da parati, dopo averla fissata a lungo.

E' necessario paragonare la mia osservazione alle espressioni realistiche ed apparenti di Magritte, ma tutto ciò mi porta ad uno strano senso di liberazione dove emergono solo pulsioni.

Nel quadro "riproduzione vietata" vedo un personaggio maschile, visto di spalle, molto sottomesso, il cui vestito sembra più un'uniforme invariabile, dal colore scuro. Nell'universo di Magritte, l'uomo è sempre imprigionato, con semplicità, nella sua condizione, fino ad arrivare alla distorsione della figura raddoppiata che si riflette in uno specchio. Rincorro la libertà di pensiero presente nell'artista e ciò mi porta a cogliere "l'impossibile". In questo caso, lo specchio è l'immagine distorta, considerata surreale, un presente gioco fra arte e psicoanalisi chiamata "doppio", che ha effetti sul pittore e sullo spettatore.

La mia osservazione si comporta come uno strumento chirurgico, come se aprissi un corpo e guardassi all'interno, cercando di mettere insieme il tutto fino all'assurdo. Eppure so riconoscere l'anatomia, posso anche mettermi in discussione, ma provo senza dubbio uno sfasamento. Voglio ancora fissare, penetrare, starci dentro, capire, senza distaccarmi. Se volessi spiegarmi cosa sta succedendo, mi sembrerebbe ancora un mistero. Ribaltata nella società reale mi sentirei di non saper accettare il mistero, perché in esso leggerei l'incomprensibile, l'incontrollabile, l'incerto, l'inqualificabile. Il tutto nascerebbe dal concetto del possesso, che non è conoscenza, ma idea, è controllo sulla realtà che si vuole possedere. La maniera rimane sempre ossessiva.

Inoltre, il quadro di Magritte, mi porta a pensare al creatore di un oggetto che decontestualizza la ragione per cui esso è nato.

Elemento importante è lo specchio. Lo sguardo ci arriva dopo aver notato il marmo del caminetto raffigurato, ed il libro su di esso appoggiato. Percepisco addirittura il freddo del marmo ed apprezzo l'abilissimo disegno e l'ottima grammatica figurativa di Magritte. Nello specchio, continuando, vedo riflessa la figura maschile; l'uomo, che l'artista non può raggiungere, è quello della realtà che in sostanza non è realtà. In questa immagine comprendo che c'è tutto il dramma umano. Forse l'artista è nel quadro con tutti i suoi sentimenti e con tutto ciò che transita nel mondo? Certo non è fuga dalla realtà. Magritte, dopo il crack avvenuto attraverso lo specchio, si introduce e si immerge in una dimensione spaziale fatta anche di tempo. Tempo e spazio che hanno trasfigurato la realtà. Magritte è l'artista che "abita il mistero", è onirico e realtà che vuole cogliere.

Lui stesso afferma in una sua rivelazione: "...decisi di non dipingere più gli oggetti se non con tutti i particolari visibili". Continua "...quanto al mistero, all'enigma rappresentato nei miei quadri, dirò che era questa la prova più convincente della mia rottura con l'insieme delle assurde abitudini mentali, che generalmente sostituiscono il sentimento autentico dell'esistenza". (Renè Magritte, "Scritti" edizione Abscondita, 2003). Rimane in Magritte una deliberata ricerca fra le ossessioni visive. Ripenso ad una persona cara del mio passato. Nel suo quotidiano passava dal pigiama di casa alla divisa da lavoro. Colgo la camaleontica trasformazione dell'uomo a cui basta una divisa oppure un abito dove una personalità repressa o esaltata diventa "un altro sé". Ma qual è il vero protagonista della scena? E' lui o quello dopo avere indossato la divisa? Trasformazioni apparenti, per affrontare periodi che segnano la scansione del tempo, ed anche invogliano a fare riflessioni della propria vita, dove in fondo c'è il bisogno di uscire da sé.