Carla Vettor: Il Colore

04.12.2020
Padova, Piazza dei Frutti (Foto Carla Vettor)
Padova, Piazza dei Frutti (Foto Carla Vettor)

Il Colore

In questi giorni, la città, mostra ai padovani i propri monumenti addobbati di proiezioni, pieni di luce e di colori. Il Palazzo della Ragione, simbolo medievale della città, si arricchisce con giochi di luce ed effetti di notti azzurre e stellate. Padova, con questi artifici, vuole scaldare gli animi dei cittadini, tanto messi alla prova dal COVID 19, soprattutto in queste giornate vicine alle festività natalizie. Quando poi rientri a casa capisci il particolare momento che stiamo vivendo, pensi che l'agguato sia vicino e che può tornare. Resta il ricordo delle pareti di casa, quando non era tempo di pandemia, dove i propri muri domestici diventavano più caldi e colorati perché all'interno si muovevano persone care.

Questo tempo, quasi da Apocalisse, fa pensare come spendere al meglio la vita ed aprire il cuore in un particolare momento dove, chi stava meglio da solo, sa meglio affrontare la soluzione attuale.

Da quasi un anno vivo come "pittrice del tempo di pandemia" ed il colore, in questo momento storico, fa da protagonista e gioca forza sulla mia sensibilità.

Mi viene in mente la ricercatezza nella pittura veneta del '500, dove la vera mediazione fra i colori è nella luce tonale, esattamente negli accostamenti fra tono e tono.

Nella realtà assistiamo al miracolo naturale dell'arcobaleno, perché tutti i colori sono luce: se non ci fosse luce, non esisterebbero i colori. Da qui la "meraviglia".

Un miracolo è anche vedere la luce, penso a chi è in coma: raccontano di un ritorno da un tunnel buio verso la luce piena di colori. Eppure non li fa felici il ritornare da quello stato, dove avvertono il benessere. E' la prova del dolore.

Colori vivaci, brillanti, spenti, accesi, smorzati, non si finirebbe mai.

Davanti a questi attuali scenari da pandemia siamo afferrati da un terribile sentimento del "deserto": vastità presente dal colore rossastro; siamo letteralmente rapiti, come certi Santi Padri del deserto, nella loro scelta claustrale che vivevano isolati, la loro vita penitenziale. Ne ricordiamo qualcuno: Ilarione di Gaza, Macario il Grande (Abate egiziano).

Tutto ciò mi riporta alle raffigurazioni pittoriche del "manierismo", colorate di azzurri, di rosa, di blu; i cromatismi sono considerati più forme pittoriche libere e simboliche. Forse colori più metafisici che agitano spazi pittorici con accostamenti di colore arditi, senza posizioni sensate, lontani dall'ordine.

Sappiamo che le sensazioni sono inevitabili; questi pittori manieristi conoscono bene lo stupore, la suggestione. L'angoscia traspare fra loro e permane una certa "nostalgia".

Oggi le persone vogliono tornare alla vita, un ritorno da quei quadri di maniera, alla ricerca di spazi stranianti e sublimi.

Ancora una volta i colori raccontano la nostalgia.