Tiziana Sartorati: "Attendendo il treno"

04.05.2021
Aspettando il treno nel 1960 a Chicago
Aspettando il treno nel 1960 a Chicago

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dal racconto "Aspettando il treno", Nere follie, Pegasus Edition

Lui l'aveva invitata a entrare e non appena Raffaella aveva varcato la soglia lui... ecco sì... lui l'aveva spinta all'interno e lei però...

Lei però aveva gridato e lui l'aveva colpita una, due forse tre volte con i pugni e l'aveva gettata a terra e le aveva strappato i vestiti, le aveva devastato il ventre.

La tromba suonava ancora.

Un altro ricordo lo raggiunge.

Quel volto incantevole e dolce, sorpreso e offeso. Offeso dall'ingiuria. Quel sorriso smagliante cancellato dall'orrore. Due occhi luminosi sbarrati per il terrore. Quel corpo minuto e fragile gettato scomposto a terra e una bestia feroce che si agitava sopra quel corpo e dentro a quel corpo si dimenava e urlava un piacere che la vittima non provava. Dopo l'ultimo ansito, il coltello spuntato all'improvviso nella sua mano (in realtà già posato sul mobile all'ingresso), un taglio netto alla gola e il sangue sparso ovunque.

La fiducia disattesa, l'amore bruciato, distrutto per una follia priva di scusanti di qualsivoglia attenuante.

Follia, follia null'altro che follia di un sogno coltivato sino a divenire incubo. I pensieri di Saverio, messi in fila uno dopo l'altro, sferragliano veloci come vagoni lanciati verso il nulla con ritmo singhiozzante, come la tromba che aveva già smesso di suonare.

«FOLLIA» grida e la gente lo guarda. Lui ride e ricorda.

Ricorda che esaurito il raptus si era lavato e cambiato gli abiti; che aveva preso una valigia e l'aveva appoggiata sul pavimento accanto al corpo.

Poi, con una cura della quale non si credeva capace aveva sollevato il corpo di Raffaella e ricomposto nella valigia con il coltello usato per l'omicidio e gli abiti che poche ore prima le aveva strappato di dosso, riposti accanto a lei; le fotografie che le aveva scattato giorno dopo giorno, di nascosto per non essere visto, l'invito di nozze di Raffaella e Franco stropicciato dalle troppe lacrime versate, un fiore appassito recuperato dalla spazzatura lasciata da Raffaella nel cassonetto sotto casa, ritagli di giornale che parlavano dei lei e del suo lavoro di medico impegnato negli aiuti ai profughi; gli articoli che parlavano di Franco impegnato nella campagna elettorale per assurgere alla poltrona di sindaco della loro città; un manifesto con la fotografia di Franco strappato d'impeto da Saverio dopo l'avvenuta elezione e i ritagli che inneggiavano al successo dello stesso.

Le aveva riposte nella valigia assieme al ricordo del pianto della donna, alle grida di aiuto, alla mano di lui sulla bocca a renderla muta. E poi il sangue di un macello assurdo e demente raccolto sugli abiti e le lacrime da egli stesso versate su quel corpo innocente.

Le urla di più persone lo riscuotono. Con disappunto si rende conto d'essere inginocchiato davanti alla valigia da lui aperta e che il contenuto della stessa è davanti agli occhi dei presenti. Su tutti spiccano un corpo di donna e il coltello e stracci intrisi di sangue. Solleva la testa. Ha occhi che non vedono più lo strazio, sufficienti però per avvedersi che le porte del treno sono chiuse e che lo stesso si è già messo in movimento. Due poliziotti stanno correndo verso di lui mentre un terzo lo tallona alle spalle e la gente non smette di gridare. Si sente smarrito tanto che le mani gli tremano mentre cerca di afferrare le sue cose.

Accarezza in fretta i capelli di Raffaella, chiude malamente la valigia si alza, ne afferra il maniglione ma questa gli sfugge rivelando ancora una volta l'orrore che contiene.

Abbandona i resti. Urla per fermare il convoglio e intanto corre a inseguirlo. Una tenaglia lo afferra a un braccio. Si divincola, si volta e sferra un pugno a chi lo vuole fermare. Riprende la corsa. Nell'istante in cui l'ultimo vagone lo sorpassa il risucchio inesorabile lo trascina alla fine.