Daniela Nascimbeni: L' oca Martina ovvero l'identità

11.02.2021

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L' oca Martina, ovvero l'identità

(una storia quasi vera)

Ciao, sono l'oca Martina. Circa un mese fa la mia prima padrona, con garbo mi ha rifilata a questa fattoria didattica di Giarre vicino ad Abano perché io, l'oca Martina, non sono un 'oca qualsiasi: da quando ho schiuso l'uovo con il becco dritto all'insù (unico gesto della mia vita necessario) e sono uscita alla luce, ho girato sempre in tondo ed altro non so fare in questo angolo di stalla in cui sono stata relegata. Giro sempre in tondo, dall'alba al tramonto, senza provare nessun istinto innato di sorellanza con le altre oche.

Gonfio di orgoglio il petto, il gallo canta e il più velocemente possibile, escono le galline col piumaggio chiaro, meno chiaro, più scuro, marrone, seguite da un brulichio pigolante di pulcini a mucchietti: gialli, bianchi ed anche neri. Poi è il turno delle anitre con le papere rossastre, delle oche candide, delle faraone con le piume a pois, dei tacchini. Dalle colombaie planano i colombi a due a due e nella capponaia i capponi stretti uno all'altro sgomitano con le ali per farsi spazio. Ultimi i due pavoni. A gara crocchiano, papulano, stridono, gloglottano, tubano, starnazzano, schiamazzano avventandosi sul becchime sparso sull'aia dalla padrona.

Battito di becchi come monaci in preghiera. Io, oca Martina, riprendo a girare nella stalla e mi fermo solo quando vengo acchiappata per il collo da una mano energica che a forza mi ingozza di pastone. Tutti noi animali della corte mangiamo per essere mangiati.

Nell'ora in cui l'ultimo grano è stato inghiottito, le galline si sparpagliano per l'aia, girando il becco a destra e sinistra. le anitre si immergono nello stagno assecondando la corrente debole, le zampe palmate su e giù nei mulinelli e poi anche il capo a stanare un bocconcino nuovo. Le oche bevono ritmicamente nel rigagnolo e tirano il collo più in alto possibile per deglutire. Io, l'oca Martina continuo a girare, L'ora dell'amore: la gallina si accovaccia sotto la supervisione del gallo, il pavone maschio allarga a ventaglio la coda screziata, iridescente, ocra, smeraldo, turchese e la tintinna, fatuo richiamo alla femmina mentre il tacchino, per non esser da meno, crea dietro a sé un cerchio quasi perfetto e esibisce consapevole i bargigli rossi e blu con le penne delle ali che sfiorano l'erba.

I colombi fanno scherma con il becco della loro compagna. Io, oca Martina, sono sola e continuo il mio giro in tondo. L'ora delle uova: uova piccole e grandi, uova bianche, rosa, giallo paglierino, picchiettate, ora chiare ora più scure, crema, talora quasi verde deposte nei nidi o nascoste inutilmente per sfida tra cespugli. Io, oca Martina, non depongo uova, nessuno mi vuole, giro in tondo nella stalla.

Aria immobile, rovente, scombinata da legioni di insetti. Le galline chiudono gli occhi a spillo e si accoccolano con i pulcini all'ombra dell'albero delle amarene. Volano sui rami più bassi, diventati scranni, stridendo, le faraone e i pavoni. Le oche e le anitre girano il collo sotto l'ala con i corpi ritti su una zampa sola accarezzata dal piumino leggero delle papere. Anch'Io, oca Martina, giro, ma per lo sforzo ,con il collo proteso in avanti, in tondo.

Quando la luce del sole si fa radente e le ombre si allungano il popolo degli animali da cortile si ritrae all'ordine militaresco del gallo. Io concludo il mio ultimo giro e sulla paglia ruoto sinuosamente il mio collo di velluto e dormo. Sono l'oca Martina, dicono che sono un'oca pazza; i bambini ridono di me ma arrivano in questa fattoria didattica principalmente per me. Io sono l'oca Martina, dicono che sono un'oca pazza ma in me sta un magico gioco, unico e irripetibile: giro da sempre in tondo. Io sono l'oca Martina, a vedermi dormire sembro un'oca normale ma mi manca una cosa sola che mi differenzia da tutti gli animali della corte, l'omologazione.